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Lemoine DUFOURT HUGUES - LE MANI DEL VIOLINISTA D'APRES GIACOMO BALLA - CONDUCTEUR

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Ref.: 258390

Descrizione

Creazione
26/08/2015 - Sion (Svizzera) - Finale del Concorso Internazionale di violino Tibor Varga - Orchestra da Camera di Losanna

Committente
Concorso Internazionale di violino Tibor Varga

Nota
Il futurismo italiano fu, all'inizio del XX secolo, il primo vero movimento d'avanguardia che, in Europa, rifiutò l'arte nella sua totalità, decretò l'abolizione del passato e pretese di rinnovare tutti gli aspetti della vita umana cercando di esprimere la natura e i problemi del mondo moderno. Il movimento fu inaugurato da Marinetti nel 1909, seguito un anno dopo dal manifesto della pittura futurista firmato da Giacomo Balla, Carlo Carrà, Umberto Boccioni e Luigi Russolo. La battaglia futurista, che mobilitò il cuore dell'arte italiana dal 1910 al 1916, nacque da una violenta polemica contro la tradizione figurativa e la concezione dell'immagine-spettacolo. La "filosofia" futurista, nutrita da slancio vitale, utopia macchinista e ardore dionisiaco, intendeva dinamitate la cultura "antiquaria" dell'Italia ufficiale. Marinetti esalta la velocità, il movimento, il rumore, la guerra. Ma anche la pulsione, la ragione, la trasgressione, "lo sfrenarsi delle ambizioni e dei desideri umani". Il carattere innovativo e visionario del futurismo italiano fu tuttavia alquanto offuscato dalle sue imprecazioni e dai suoi smarrimenti politici.
Lasciando da parte l'orientamento reazionario del movimento e il suo spirito estremista campanilistico, si ricorderanno, tra i tratti più originali del futurismo pittorico, la ricerca della rappresentazione del movimento, prima dell'invenzione del cinema e prima dell'arte cinetica. Ispirandosi alle sequenze fotografiche di Eadward Muybridge e alla cronofotografia di Etienne-Jules Marey, i futuristi italiani raggiunsero un indubbio grado di successo nel campo propriamente plastico. Il processo del divenire è rappresentato come tale, e si dispiega secondo linee di forza e forme in crescita. Anche il colore è colto nel suo dinamismo, con i suoi fuochi e le sue aree di diffusione.
In Le mani del violinista, un olio su tela del 1912 oggi a Londra, Giacomo Balla si è inoltre dedicato a un esercizio di sinestesia, cercando di trasporre in immagini un processo che fa appello ad altre modalità sensoriali. Il gesto del violinista, il posizionamento dello strumento all'altezza della spalla, i movimenti combinati della mano e del braccio, la distanza e la scala di appoggio delle dita della mano sinistra, la messa in vibrazione delle corde, lo slancio e il rimbalzo dell'arco, la sua vivacità e la sua precisione, tutti questi fattori che di solito rimangono impercettibili e indissociabili sono così scomposti, poi riuniti e resi in un'impressione unica. I movimenti successivi della mano e i morsi dell'arco si separano secondo procedimenti puntinisti, poi si assemblano in una sequenza accelerata e si legano nello stesso fonduto che restituisce l'unità e le inflessioni della tensione muscolare. Ciò che si vede non è un'illustrazione realistica né una nomenclatura delle possibilità strumentali, ma un condensato delle andature dell'esecuzione trascendente, mostrando i riflessi di una mano esperta nel meccanismo del suo strumento.
La mia versione musicale del quadro di Giacomo Balla si ispira ai caratteri di questa visione futurista dell'arte. La virtuosità stessa dell'esecutore, la sua abilità di interprete, è qui espressamente rappresentata come un "arte dell'arte". La partitura presta un'attenzione acuta alla tecnica specifica dell'effetto sonoro, alla precisione del gesto strumentale nella spesa dell'arco e alla flessibilità dei movimenti. La grande scuola dei violinisti consisteva nel far scomparire il mantello ruvido delle asperità naturali dello strumento sotto una superficie liscia e perfetta di sonorità epurate. Questa grande arte evolve oggi sotto la pressione di un'estetica contemporanea più sensibile al grano, agli effetti di texture e persino agli effetti ruvidi dell'arco. Un altro tipo di virtuosismo emerge, che integra i colpi d'arco, gli accenti, i suoni "denaturati", in una sorta di formalismo strumentale preso al secondo grado. Le interferenze tra i diversi modi di suonare contano più ora della loro integrazione in una sonorità ottimale. Quest'arte insaziabile non cerca più la magnificenza ma la prova.
La partitura si divide in tre grandi parti. La prima è una cadenza affidata al solista, centrata sugli accordi, la ritmica e gli slittamenti di un'articolazione che non si piega alle divisioni metriche della misura. La seconda parte è l'inferno dei violinisti e mette a confronto, tra tutte le corde dell'orchestra, figure contrappuntistiche spezzate, urtate e contrastate. La terza parte è più orientata verso studi di equilibrio di sonorità, la cui coerenza è delicata da ottenere perché le note si trovano in registri estremi o paradossali. Il solista è confrontato con un nuovo tipo di virtuosismo, quello dei suoni armonici - gruppi di armonici naturali o artificiali.
Commissionata dal Concorso Internazionale di Violino Tibor Varga Sion Vallese, la partitura è scritta per l'edizione 2015 di questo concorso.
L'opera è dedicata a Enzo Restagno.

Hugues Dufourt
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